sabato 4 febbraio 2012


L'attività scientifica si divide, dal punto di vista metodologico, in due parti principali. C'è una prima parte di creazione di nuove idee ed una seconda, fondamentale, di controllo di quelle idee in cui si confrontano le predizioni logicamente dedotte dalle teorie con la realtà. E' questa seconda, intersoggettiva parte dell'attività di ricerca a caratterizzare la scienza e a distinguerla da altre attività. Quando si cerca di definire cosa è scienza è a questa parte che si deve, o almeno si dovrebbe, far riferimento. Ciò non deve, però, farci sottovalutare l'importanza della parte creativa e, a volte quasi artistica, di generazione di nuove idee. Questa parte più soggettiva spesso utilizza concetti derivanti da sistemi filosofici e perfino religiosi come assunti di base di specifiche teorie scientifiche. Innumerevoli sono gli esempi di grandi progressi scientifici innescati da queste idee metafisiche. La geologia non fa eccezione e l'attualismo è la più famosa di queste metafore.



La nascita e l'affermazione dell'Attualismo



Già nel 1740 un prete italiano, Antonio Lazzaro Moro, desideroso di asserire che le leggi di natura non cambiano, formulò il proprio sistema geologico basandosi su un miscuglio di induttivismo e rasoio di Occam. Il principio dell'attualismo aleggiava già, perciò, nel mondo scientifico europeo del 17° secolo.

Verso la fine dello stesso secolo i tempi erano ormai maturi per la nascita di una nuova scienza consapevole e vogliosa di affrancarsi il più possibile dall'irrazionalità. James Hutton è il maggior esponente di questa disciplina e il suo lavoro lo consacrerà alla storia come uno dei padri della geologia.

La figura seguente è una delle immagini più famose ed importanti della storia della geologia.








Nella famosa incisione di John Clerk of Eldin è rappresentata la discordanza angolare di Jedburgh in Scozia di fronte alla quale Hutton era giunto a formulare il concetto di "tempo profondo". Una rivoluzione concettuale con profonde implicazioni non solo per la geologia, ma per l'intera cultura occidentale. Per la prima volta si potevano presentare le "prove" geologiche del fatto che la Terra doveva essere molto antica.

La discordanza angolare di Jedburgh rappresenta per la geologia quello che per la fisica ha rappresentato la leggendaria mela di Netwon. Uno di quei momenti, luoghi o avvenimenti simbolici di un grande rivolgimento, che segnano una rivoluzione, un cambio di paradigma per usare le terminologia cara a Thomas Kuhn. Ma aldilà di queste considerazioni quello che mi preme sottolineare mostrando questa figura è che per Hutton l'uniformitarismo era un assunto di base ampiamente accettato. Il ragionamento fatto dal grande geologo scozzese fu. infatti, il seguente: premessa - i processi geologici sono lenti e non molto intensi analogamente ai processi che vediamo agire attualmente; caso - la discordanza angolare di Jedburgh mostra grandi sconvolgimenti; risultato - la formazione di quella discordanza angolare ha richiesto tempi molto lunghi.

Ma perché Hutton assumeva i principi di attualismo e gradualismo? La sua esigenza era quella di rigettare gli eventi soprannaturali introdotti dai cosmogonisti (e.g. Burnet, Woodward, Whiston) che lo avevano preceduto (Hooykaas, 1970).

Il concetto di attualismo era, come abbiamo appena visto, già presente nel lavoro di Hutton (e in quello di altri geologi), ma fu sviluppato e applicato compiutamente da Charles Lyell nel monumentale lavoro intitolato "Principles of Geology" (1830). Nessuno prima del geologo inglese aveva provato a spiegare in modo così compiuto tutti i cambiamenti geologici del passato con forze "not differing in kind and energy" da quelle osservabili attualmente. Tutte le cause non appartenenti al presente ordine di natura dovevano essere escluse. Ancora come nel caso di Hutton il desiderio era quello di escludere gli eventi miracolosi.

Dopo il lavoro di Lyell l'attualismo nella sua forma estensiva, combinato cioè con il gradualismo, diventa il paradigma prevalente nella scienza geologica. Quella che era solo una metafora, un'idea metafisica che avrebbe dovuto semplicemente giocare il ruolo di ipotesi di lavoro assume i tratti del dogma laico. Gli oppositori dell'attualismo vengono così tout-court associati alle posizioni del dogmatismo religioso, ai creazionisti gettando discredito e relegando nell'ombra ingiustamente il lavoro di grandi geologici quali Cuvier (e.g. Hsü, 1990).

La stessa sorte stava per essere riservata anche a J. Harlen Bretz un geologo americano che negli anni venti del ventesimo secolo presentò alcuni lavori in cui teorizzava che una piena gigantesca (The Spokane Flood) avesse dato forma ai Channeled Scablands nella parte orientale dello stato di Washington (Bretz, 1923; 1925; 1927). Al nostri giorni l'ipotesi che circa 13000 anni fa la rottura di una diga di ghiaccio che conteneva un'enorme quantità d'acqua nel cosiddetto lago Missoula, abbia provocato una piena gigantesca che ha modellato il paesaggio scorrendo dalla British Columbia fino all'attuale California per gettarsi finalmente nell'oceano Pacifico è ampiamente accettata. Basta scrivere "Missoula" e "flood" in google per averne una conferma. Ma ancora nella prima parte del ventesimo secolo proporre qualcosa di così eterodosso dava origine a tanti problemi. Bretz fu dapprima deriso e attaccato e solo dopo circa 40 anni vide riconosciuti i propri meriti (Baker, 1978). Solo a partire dagli anni '50 infatti la versione più estensiva dell'attualismo cominciò a perdere terreno. Nel 1956 Krynine in un breve articolo cominciò ad intaccare lo strato esterno della torre d'avorio, ma bisogna aspettare il 1963 con Hooykaas e il 1965 con Gould per avere un più deciso attacco al cuore del problema. Nel 1965 un giovane S.J. Gould scrisse un articolo dal titolo auto-esplicativo, "Is Uniformitarianism necessary?". In quel articolo Gould divide il concetto di attualismo in sostantivo (la forma estensiva propugnata da Lyell) e metodologico. Il grande paleontologo ritiene la prima forma falsa e deleteria per la nascita di nuove ipotesi e la seconda la versione moderna e accettabile, ma non precipua della ricerca geologica. La tesi della invarianza delle leggi di natura in tempo e spazio è, infatti, un prerequisito per ogni scienza e non è più necessaria alla geologia dal momento che la questione di un intervento divino non è più un problema all'ordine del giorno. Da quel momento si apre un dibattito con numerosi interessanti contributi (e.g., Albritton, 1967; Hooykaas, 1970; Rudwick, 1971; Shea, 1982; Dott, 1983; Hsü, 1990; Baker, 1998; Şengör, 2001) e qualche confusione terminologica di troppo, ma che nella sostanza non sposta i termini essenziali del problema. L'uniformitarismo di Lyell (e quindi il gradualismo) è morto. Resta solo un assunto di base senza cui ogni ricerca scientifica sarebbe priva di senso. I fenomeni naturali avvengono secondo regolarità (leggi); i fenomeni una-tantum, i miracoli non possono essere materia di studio della scienza.



Neo-catastrofismo



Questa nuova visione ristretta del concetto di attualismo porta ad una riscoperta degli autori catastrofisti troppo frettolosamente e forse un po' pretestuosamente accantonati (ogni dogma, ogni mainstream ha bisogno dei propri nemici come ben ci ha insegnato George Orwell). A causa dell’associazione concettualmente errata delle ipotesi “catastrofiste” con i dogmi religiosi, ci sono voluti 150 anni per riconoscere dignità alla scuola dei “catastrofisti attualisti” (Hooykaas, 1970) di cui facevano parte Sedwick, Conybeare e Whewell e anche Cuvier.

La storia ha sempre una certa ironia e una certa classe, e si può cogliere in effetti una certa ironia nel fatto che una dottrina catastrofista prenda piede gradualmente. Non si può infatti definire un punto iniziale per il nuovo paradigma. Lentamente, ma inesorabilmente si afferma una nuova visione che qualcuno finalmente definisce neo-catastrofismo (Ager, 1993) e che ha la sua controparte paleontologica nella teoria degli "equilibri punteggiati" proposta agli inizi degli anni '70 da S.J. Gould and N. Eldredge (Eldredge and Gould,1972; Gould and Eldredge, 1977). Questa nuova metafora descrive la storia del pianeta in termini di eventi rari e violenti intercalati da momenti di stasi. Usando una immagine cara a Darek Ager si potrebbe accomunare la storia della terra alla vita di un soldato in guerra, "lunghi periodi di noia, separati da brevi momenti di terrore" (Ager, 1993). La teoria neo-catastrofista si basa sull'osservazione di uno specifico carattere del più precipuo oggetto di studio della geologia, le rocce. Si tratta dell'incompletezza del registro geologico. Non tutti i sedimenti che si sono depositati e le rocce che si sono formate nel passato si sono conservate fino ad oggi. Molti sedimenti non arrivano mai a formare una roccia, molte rocce vengono erose o deformate dopo la formazione, molto periodi geologici non vengono registrati da rocce per mancata deposizione. Tutti queste ragioni portano ad un registro geologico incompleto, in cui parti del tempo geologico non hanno lasciato traccia. A parte i periodi di non deposizione, quali testimonianze sono giunte a noi e quali no dipende dal potenziale di preservazione dei depositi prodotti dal singolo evento sedimentario. Una sorta di regola empirica stabilita dai geologi neo-catatrofisti è che più l'energia implicata nell'evento stesso è alta maggiore è il potenziale di preservazione dello strato deposto. In altri termini in una successione stratigrafica la maggior parte del tempo non è registrato e con buona probabilità solo gli eventi maggiori hanno lasciato una traccia che è possibili studiare oggi. Per riprendere la metafora cara a Derek Ager, nel registro geologico troviamo principalmente il risultato dei brevi momenti di terrore, mentre i lunghi momenti di noia sono scarsamente rappresentati. Nella foto a fianco si vedono i depositi di una barra di foce Eocenica. Si possono notare lo spessore degli strati (singoli eventi) e le superfici erosive. Ogni linea bianca rappresenta del tempo mancante (da Mutti et al., 2000).

Per fornire a chi non è geologo un termine di paragone si pensi che un recente articolo (Nichol and Kench, 2009) ha stabilito che il deposito di sabbia carbonatiche lasciato dal terribile tsunami del Natale 2004 alle isole Maldive aveva uno spessore massimo (non compattato) inferiore al metro e che a soli 5 anni di distanza le strutture sedimentarie erano state completamente cancellate dalla bioturbazione. Un altro paragone può essere fatto pensando ad alcune delle strutture sedimentarie lasciate dallo Spokane Flood. Quell'enorme flusso creò delle increspature di ghiaia simili a quelle di sabbia che tutti noi siamo abituati a vedere sulla spiaggia. Penso che le due foto non necessitino commento. Si noti solo la scala: in un caso una persona, nell'altro una barca. Cosa è veramente catastrofico?




Logica della scoperta geologica



E' partendo da questo registro incompleto di avvenimenti che il geologo deve ricostruire la storia del nostro pianeta. Da un punto di vista epistemologico il lavoro del geologo è uguale a quello di ogni altro scienziato. Anche il geologo deve creare una teoria, un modello, trarne logicamente delle conseguenze predittive e controllare quelle predizioni confrontandole con i dati. La geologia, teoreticamente, è una scienza come tutte le altre né più, né meno "hard". Quello che fa la differenza è proprio la quantità e la qualità dei dati, l'incompletezza dei quali è il problema principale che i geologi devono affrontare. Il lavoro del geologo può essere paragonato a quello di un investigatore e le rocce alla scena del delitto. Solo che noi poveri geologi giungiamo su tale scena con milioni di anni di ritardo. E' perfettamente inutile transennare l'area; le tracce sono state contaminate, modificate o addirittura distrutte da altre centinaia di delitti. E' molto difficile districarsi tra quel sovrapporsi di impronte, armi introvabili e nessuno da interrogare.

A volte sembra miracoloso quanto già abbiamo compreso del funzionamento del nostro pianeta nonostante tutti questi problemi e le limitazioni teoriche insite in questo tipo di ricerca. La geologia "storica", per intenderci quella che cerca di ricostruire come sono avvenuti i singoli eventi passati, è un problema inverso. Abbiamo un risultato (le rocce), assumiamo una legge (o una serie di leggi) e cerchiamo di ricostruire le condizioni iniziali. Possiamo solo costruire dei "modelli" una teoria complessa (teorie generali + condizioni iniziali) e cercare di testarla ben sapendo che esistono diversi modelli parimenti corretti e che onorano il risultato (Tarantola, 2006 and reference therein). Un esempio che può aiutare a capire questo concetto è il seguente: supponiamo di aver trovato un proiettile per terra e il punto di impatto su un muro e di dover stabilire da dove è stato sparato quel proiettile. Potremmo sicuramente assumere come data la legge di gravitazione di Newton e conoscendo la posizione finale del proiettile e il suo calibro potremmo cercare di stabilire la posizione iniziale della pistola. Per fare ciò dovremmo creare un modello i cui "parametri" sono rappresentati da: tipo di pistola (e quindi energia iniziale applicata al proiettile), posizione iniziale e inclinazione della canna. Pur trattandosi di un sistema relativamente semplice è facile intuire che esistono diverse combinazioni dei tre parametri che possono rendere ragione della posizione di impatto. Per la geologia vale lo stesso con l'aggravante che i dati sono pochi e non chiari e che i parametri sono tantissimi.



Il passato è la chiave per comprendere il presente e per tentare di prevedere il futuro



Il quadro che abbiamo appena abbozzato è francamente scoraggiante. I fenomeni che possiamo direttamente osservare non sono rappresentativi di quanto successo nel passato e rischiano di farci sottostimare le forze in gioco. D'altro canto studiare il passato è molto difficile e altamente incerto. Gli oggettivi progressi fatti nella conoscenza geologica del nostro pianeta testimoniano, tuttavia, che qualcosa è possibile fare pur nella constante consapevolezza che è molto più quello che non sappiamo di quello che a fatica possiamo intravedere tra le nebbie del tempo profondo. Solo con grande tatto e tanta umiltà il geologo può sperare di gettare uno squarcio di luce, fioca, su un passato così immenso da provocare la vertigine. Restare aggrappati ai dati e cercare in tutti i modi di testare le proprie ipotesi, questa è l'unica garanzia contro i voli pindarici.

Che il presente non possa essere la chiave per comprendere il passato ce lo dimostrano non solo le sempre più numerose scoperte di eventi catastrofici che dal pionieristico lavoro di Bretz si sono moltiplicate (e,g. Martini et al., 2002), ma anche alcune semplici considerazioni di buon senso riguardanti un'altra scienza "storica" molto simile alla geologia.



Paleoclimatologia



La paleoclimatologia è, infatti, una scienza che soffre delle stesse limitazioni teoriche della geologia. Anche il problema della ricostruzione del clima del passato è, essenzialmente, un problema inverso. Anche il clima è un sistema molto complesso così come un sistema deposizionale o una catena montuosa. Anche il registro paleoclimatologico è incompleto. Per spiegare questo ultimo punto farò riferimento ad una famosa carota di ghiaccio estratta pochi anni orsono in Antartide. La carota di ghiaccio di Epica-Dome-C ha permesso di gettare uno sguardo sulle temperature della regione Antartica degli 820000 anni. Non voglio qui entrare nel merito (ci sarebbe molto da discutere a proposito dei proxy), ma usare le immagine seguenti per parlare di incompletezza del registro paleoclimatologico e di trend.






Come si può immediatamente vedere da questo grafico il numero di eventi (di picchi) rilevati negli ultimi 10000/20000 anni è molto più alto che nel resto della carota. Si nota a prima vista una diminuzione di frequenza degli eventi da sinistra verso destra a dir poco drammatica. Oltre i 420000 anni la differenza è ancora più forte. La curva sembra "filtrata" tanto che non solo il numero degli eventi è molto inferiore, ma anche i valori assoluti sembrano "smoothed".

Se si fa uno zoom sugli ultimi 20000 e 4000 anni la cosa diventa ancora più chiara.



Pur attraverso il rumore, si possono intravedere cicli di 1000/2000 anni, ma anche una frequenza ben più alta con una ampiezza di circa 50 anni. Da queste immagini è anche chiarissimo quanto sia poco rappresentativo degli ultimi 800000 anni il periodo attuale, moderno, quello in cui abbiamo misurazioni dirette di temperatura. Essendo di manica larga, diciamo che parliamo di un periodo di 200 anni (fascia gialla)  Che succederebbe se provassimo ad estrapolare il trend (ammesso e non concesso che si possa definire un tale trend) degli ultimi 200 anni? Prenderemmo delle grandi cantonate. Neppure un mago potrebbe prevedere (retro-prevedere) un drammatico cambio come quello avvenuto circa 11000 anni fa studiando solo il "presente".

Ancora una volta il messaggio è che più studiamo e più progressi facciamo e maggiore dovrebbe essere la nostra umiltà e la nostra consapevolezza di quanto non sappiamo. Nessuno può togliermi dalla testa che Socrate deve aver avuto qualche esperienza come geologo o paleoclimatologo. Non esistono altre scienze a cui si attagli meglio la famosa massima del filosofo ateniese "sapiente è soltanto chi sa di non sapere".



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